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Deadline dopo deadline

Un’altra deadline è tristemente passata senza lasciare il segno. Il 27 marzo era stata indicata dal ministro Franceschini come la data ufficiale di riapertura dei teatri e delle stagioni teatrali, ma il contagio, purtroppo, non è ancora così basso da permettere allentamenti delle misure di sicurezza e quindi riaprire un settore che per sua stessa natura pone la socialità nei propri elementi fondativi. Così, il risultato purtroppo non cambia e dopo più di un anno i teatri sono ancora chiusi. Il 30 aprile sembra potranno essere reintrodotte le zone gialle e con esse si procederà velocemente ad alcune riaperture, tra cui i teatri e i cinema. In attesa di, ulteriori, delucidazioni intanto crescono i malumori dei lavoratori dello spettacolo, degli artisti, sempre più ai margini di una società che scambia cultura con intrattenimento, arte con passatempo. Così, hanno colpito molto l’opinione pubblica le parole di Antonio Rezza – funambolico e straordinario attore del duo Rezza-Mastrella, che abbiamo imparato negli anni ad amare smisuratamente per onestà interpretativa e passione, nell’apoteosi dell’espressività senza mezzi termini né compromessi – nel corso della trasmissione Propaganda Live, condotta da Diego Bianchi. Rezza ha infatti dichiarato che riprendere l’attività sarà difficile, che bisogna accelerare le riaperture, in sicurezza, e che bisognerà inizialmente lavorare per poter lavorare ancora, come veri e proprio scalpellini plasmare quella che sarà la strada del futuro per il teatro che, a detta di Rezza è “come Dio e in più esiste”. Cresce il fermento, l’attesa diventa insostenibile, per il teatro che nel corso di questo indimenticabile anno è tristemente divenuto similitudine dissimulata di normalità della vita di prima, in procinto di essere recitata, agognata, pensata, raccontata come un episodio di ormai “qualche anno fa”. Noi attendiamo il teatro, la normalità, il ritorno alla vita, deadline dopo deadline.

Marco Etnasi

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