Prima di questo disaster movie dentro cui siamo stati violentemente catapultati quasi due anni fa, il mese di settembre era il mese delle ripartenze, quello in cui si tornava dalle vacanze, dalle chiusure estive e si iniziava di nuovo a fare quello che si faceva prima della chiusura, magari con ritrovata felicità o, più spesso, con ardente nostalgia per la pausa durata troppo poco. Ripartenza era ancora un termine semplice, forse col senno di poi un po’ troppo colmo di pathos, se rapportato solo all’estate, e si riferiva alla stagione teatrale, a quella cinematografica o alla dieta o ai buoni propositi, il lavoro e chi più ne ha più ne metta. Ripartenza in questo settembre è un termine diverso, nuovo, pieno, che, in questi due anni, si è troppo spesso arricchito di storie dal colore cupo, di speranze spesso mal riposte, ma anche di gioie e grandi progetti che sono nati e che, chissà, vedranno la luce più avanti. Così questo settembre sembra incrociare perfettamente le due accezioni, quella vecchia e quella nuova, perché se è vero che la stagione teatrale è pronta per ripartire dopo l’estate, è anche vero che ora, finalmente, e con tutti gli scongiuri del caso, c’è la possibilità e il bisogno di ripartire, davvero, dopo l’altra estate, quella forzata e poco divertente che è durata quasi due anni. Ripartire con le regole stabile nei decreti pre-estivi, green pass e sale riempite in modo crescente, per ora la metà e poi a salire. Ripartire vuol dire riprogrammare, finalmente, una stagione che vada da ottobre (o settembre) a giugno, spostando e incastrando il maggior numero di spettacoli possibile per recuperare il tempo perduto e vivere il numero maggiore di storie in un solo anno. E allora, in attesa dei cartelloni ufficiali che verranno presentati a breve, inizia la stagione della ripartenza del teatro che, da quello che si intuisce da alcuni degli spettacoli già annunciati dai vari teatri, sarà una stagione memorabile, un grande fuoco d’artificio di rinascita, una ripartenza dell’anima.
Marco Etnasi